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La commedia della vanità

Debutto: Teatro Storchi, Modena, 27/11/2019

A proposito di questo spettacolo

 

Specchio, servo delle mie brame, chi è la più bella del reame?
Biancaneve e i sette nani

Claudio Longhi porta in scena Elias Canetti: ventitré attori per proporre al pubblico italiano il grande autore premio Nobel attraverso una delle sue opere più attuali. Scritta fra il 1933 e il 1934, La commedia della vanità descrive un mondo grottesco e distopico, dove sono banditi tutti gli specchi. Ma a venir distrutta non è l’autocelebrazione, è l’idea stessa di identità. Che cosa rimane? Una massa di voci che deborda dal palcoscenico a investire la platea, che restituisce al pubblico l’urgenza di questa allegoria, dell’incubo di una dittatura nascente acclamata a gran voce.

 

Note di regia

In un remoto borgo innominato – così in odore di Vienna, ma forse non tanto distante da Berlino (o Parigi, o Roma, o Metropolis…) – in un tempo lontano – e pur così vicino al presente (anni Trenta del secolo scorso o oggi?) – per insindacabile decreto delle autorità superne, al fine di purgare l’umanità, guarendola dal canceroso morbo della vanità, è disposta la distruzione di tutti gli specchi, così come di tutte le immagini dell’uomo. L’avviso sinistro che d’improvviso punteggia le vie cittadine non lascia margine a dubbi. «Il governo ha deliberato. Primo: È vietato il possesso e l’uso di specchi. Tutti gli specchi esistenti, senza eccezione, saranno distrutti. La fabbricazione di qualsiasi tipo di specchi dovrà essere sospesa. Trascorso il termine di trenta giorni, chiunque venga trovato reo di possedere o usare uno specchio verrà punito con una pena da dodici a vent’anni di carcere. Per chi fabbrica specchi è prevista la pena di morte. Secondo…». Ai sinistri bagliori rossastri della gran pira allestita in men che non si dica, in sul calar del giorno, al centro della piazza grande del paese per accogliere e far sparire immantinente tutti gli specchi e gli oggetti riflettenti – e le fotografie e i ritratti e financo le pellicole cinematografiche – custoditi dalla comunità, tra il clangore della folla invasata e il tintinnio degli specchi in frantumi, ha così inizio la parabola dei destini incrociati del sempre eretto banditore Wenzel Wondrak e della querula famiglia Kaldaun (Egon, Lya, figliuolo urlante e domestica tuttofare Marie), del facchino Franzl Nada e di sua sorella Franzi, del predicatore Brosam e del maestro Shakerl, delle tre intime amiche signorina Mai, vedova Weihrauch e sorella Louise e dell’imballatore Barloch, con sua moglie Anna, del signorino Heinrich Föhn e della sua compagna Frau Doktor Leda Frisch… di tutta quella brulicante umanità, insomma, che giorno dopo giorno, in quel remoto e vicinissimo stato/mondo, si arrabatta per far fronte alle minacce e alla violenza del potere, conquistandosi la propria sopravvivenza. Vanitas vanitatum et omnia vanitas. Nell’implacabile divenire dello spietato ordigno drammaturgico congeniato da Canetti, il gran falò dell’umana vanità da cui l’intreccio prende le mosse è solo il primo atto di una folle “commedia umana”, degna dello Steinhof, incentrata sulla letale “malattia dello specchio” (sorta di catatonia in cui sprofondano quanti non riescono più a ritrovare se stessi, smarrite per sempre le proprie immagini) che di colpo di scena in colpo di scena – tra furti, minacce di morte e di torture ed espedienti di ogni genere – finisce con l’esplodere nell’inquietante epilogo aperto, tra il profetico e lo scaramantico, su cui cala il sipario.
[…] Nel chiacchiericcio insensato del nostro presente, incantato dai selfie in instagram e avvezzo a credere solo ai “video-fai-da-te” di youtube, ubriaco di malpancismi e populismi e sedotto dal priapesco principio di autorità maschio e “mavorte”, inchiodato al lessico regressivo e alla sintassi francamente sbalordita e deficiente dei tweet e di whatsapp così come desideroso di celebrare le esequie dell’UE, potrebbe essere istruttivo, allora, tornare ai capricciosi sogni di Canetti, senza alcun desiderio di attualizzarne i contenuti, ma solo per esercitarsi, da provetti materialisti storici, a decifrarne scenicamente geroglifici e ideogrammi (generati dal sonno o dalla morte della ragione?), affinando così il nostro spirito critico.

Claudio Longhi


Durata: 3 ore 45 minuti 
prima parte 1 ora 5 minuti – primo intervallo 10 minuti – seconda parte 1 ora 5 minuti –  secondo intervallo 15 minuti – terza parte 1 ora e 10 minuti

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In Tournée

Stagione 2019/2020
dal 27/11/2019 al 08/12/2019
dal 09/01/2020 al 12/01/2020
dal 15/01/2020 al 26/01/2020
dal 29/01/2020 al 09/02/2020
dal 12/02/2020 al 13/02/2020
dal 19/02/2020 al 23/02/2020

Dati artistici

di Elias Canetti
traduzione Bianca Zagari
regia Claudio Longhi
scene Guia Buzzi
costumi Gianluca Sbicca
luci Vincenzo Bonaffini
video Riccardo Frati
con Fausto Russo Alesi, Donatella Allegro, Michele Dell’Utri, Simone Francia, Diana Manea, Eugenio Papalia, Aglaia Pappas, Franca Penone, Simone Tangolo, Jacopo Trebbi
e con Rocco Ancarola, Simone Baroni, Giorgia Iolanda Barsotti, Oreste Leone Campagner, Giulio Germano Cervi, Brigida Cesareo, Elena Natucci, Marica Nicolai, Nicoletta Nobile, Martina Tinnirello, Cristiana Tramparulo, Giulia Trivero, Massimo Vazzana
violino Renata Lackó
cimbalom Sándor Radics

drammaturgo assistente Matteo Salimbeni
assistente alla regia Elia Dal Maso
assistente ai costumi Rossana Gea Cavallo
preparazione al canto Cristina Renzetti
trucco e acconciature Nicole Tomaini
direttore tecnico Robert John Resteghini
direttore di scena Mauro Fronzi
macchinisti Riccardo Betti, Eugenia Carro
capo elettricista Tommaso Checcucci
elettricista Gerardo Bagnoli
fonico e tecnico video Alberto Tranchida
attrezzista Francesca Avanzini
sarta Pierangela Rotolo
scene costruite nel Laboratorio di Emilia Romagna Teatro Fondazione
responsabile e capo costruttore Gioacchino Gramolini
costruzioni in ferro Riccardo Betti, Marco Fieni
macchinisti costruttori Sergio Puzzo, Gianluca Bolla, Riccardo Benecchi (aiuto)
decorazioni led Tommaso Checcucci, Roberto Riccò
scenografi decoratori Ludovica Sitti (capo), Lucia Bramati, Sarah Menichini, Benedetta Monetti, Rebecca Zavattoni
pittura scenografica a cura di Rinaldo Rinaldi
costumi confezionati da Tirelli Costumi e Bàste sartoria
grafica Marco Smacchia
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione – Teatro Nazionale, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Fondazione Teatro della Toscana – Teatro Nazionale, LAC Lugano Arte e Cultura

Si ringraziano Giovanni Zagari e Giovanna Cermelli
Si ringrazia per la collaborazione Luca Napoli

foto di  Serena Pea

una produzione di La commedia della vanità • Produzione Emilia Romagna Teatro
Nell’ambito del progetto

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