Il Sangue
Debutto: Teatro Olimpico, Vicenza, 30/10/2013
A proposito di questo spettacolo
“Solo colui che ha attraversato indenne il confine della vita, solo quell’uomo puoi chiamare felice” dice Sofocle del suo Edipo, e in qualche modo è questa la traccia del percorso che Pippo Delbono e Petra Magoni, con le musiche preziose che Ilaria Fantin trae da strumenti antichi come il liuto e l’opharion, tracciano sul palcoscenico. Le parole di Delbono trovano eco e musicalità nella vocalità, suadente e prorompente, di Petra Magoni, per poi ricomporsi nelle volute fascinose di melodie rinascimentali, da Peri e Caccini al sommo Monteverdi. Un racconto di compassione, un “concerto sul cielo e la terra” che accosta Lou Reed, Leonard Cohen, Sinéad O’Connor e Fabrizio De André.
Un concerto in forma drammatica che porta in scena uno dei protagonisti del teatro del nostro tempo, una sensibilità da sempre incline a esporre storie personali, tensioni politiche, conflitti sociali e una interprete che attraverso il progetto “Musica Nuda” ha spogliato la canzone per rivelare un sorprendente terreno di passione, talento e comunicazione.
Più che uno spettacolo teatrale, Delbono ha progettato un concerto in forma drammatica e, con una straordinaria Petra Magoni, ha intrapreso il suo viaggio musicale nella classicità lavorando sul mito di Edipo. È nato così, “Il sangue”, che fin dal titolo cita i temi e i titoli che da qualche tempo costituiscono il territorio culturale e umano di Delbono. Uno straordinario artista che con una sensibilità tutta personale che riesce a leggere la situazione sociale e politica attorno a lui anche attraverso la propria biografia. La condizione tutta particolare della orfanità di Edipo, spogliata dell’aura mitologica della maledizione divina e della Chimera, dell’assassinio ignaro del padre, e della morte che si dà la madre per aver concepito, con lui figlio, altri figli destinati alla maledizione e all’infelicità, diviene la sofferente condizione di sradicamento di una creatura di oggi.
Costretto a misurarsi con la morte e peggio ancora con la vita, ovvero il grumo di rapporti malati e dei non/rapporti di sofferenza che lo allontanano da speranze e illusioni, ma anzi tendono a rinchiuderlo in una invalicabile gabbia di sofferenza. «Solo colui che ha attraversato indenne il confine della vita, solo quell’uomo puoi chiamare felice» dice Sofocle del suo Edipo, e in qualche modo è questa la traccia del percorso che Pippo Delbono e Petra Magoni, con le musiche preziose che Ilaria Fantin trae da strumenti antichi come il liuto e l’opharion, tracciano sul palcoscenico. Le parole di Pippo trovano eco e musicalità nei ruggiti e nelle cascate vocali di Petra, per poi ricomporsi nelle volute fascinose di melodie rinascimentali, da Peri e Caccini al sommo Monteverdi. Da una parte un’immensa Petra Magoni che veste e spezza le note dentro vertigini, dall’altra Pippo Delbono che, quasi un cristo laico al centro del palco, pianta i chiodi della tragedia e li semina sulla storia personale che poi è la storia di tutti. Un racconto di compassione che parte da lontano e arriva fino al presente fatto di madri che ci hanno lasciato, di esuli, di lontananze, di addii e di vite vissute da un’altra parte, anche dalla parte selvaggia, come cantava Lou Reed. Ma il musicista americano, spesso evocato dallo stesso Delbono non è l’unico grande ad entrare in questo «concerto sul cielo e la terra». Il pubblico vede prendersi per mano Sofocle e Leonard Cohen, Sinéad O’Connor e Fabrizio De André. L’anima salva, nel finale, è Bobò, attore-feticcio di Delbono, sordo, muto e per quarant’anni rinchiuso in un manicomio.
Note di regia
Il sangue è una prima tappa del lavoro che ho iniziato intorno ai grandi temi della tragedia.
I grandi temi del passato, che restano poi quelli dell’essere umano di oggi, sperduto e impaurito nella sua sorte di essere mortale, soggetto al suo inevitabile, inspiegabile scomparire.
Mi porto sempre sul cellulare una frase che mi è arrivata da un amico che stava al capezzale della madre morente, tratta dal ‘Prometeo incatenato’:
“-Prometeo:
Ho impedito agli uomini di prevedere la loro sorte mortale.
-Coro:
Che tipo di farmaco hai usato per questa malattia?
-Prometeo:
Ho posto in loro cieche speranze…”
Ne Il sangue in particolare mi sono soffermato intorno a ‘Edipo’, la tragedia di Sofocle.
Da una parte Edipo re, che quando scopre la sua “macchia nera” si acceca gli occhi e si mette in viaggio con la figlia. E poi l’Edipo esule. Scacciato da una terra ed accolto da un’altra.
Mi colpisce vedere come il teatro all’origine arrivi a toccare gli aspetti segreti, nascosti, dell’essere umano, anche nella sua spietata mostruosità. L’essere umano che può arrivare a uccidere il padre e a procreare altri figli con la madre. L’essere umano comunque sempre visto con gli occhi della compassione.
E poi i grandi temi si sono confusi con quelli più vicini alla vita, alle madri, ai padri che ci hanno lasciato, ai nostri esuli, a questo strano tempo politico, sociale, spirituale, costruito apparentemente su certezze ma nel profondo così vuoto, confuso, fragile.
Pippo Delbono
In Tournée
Dati artistici
COMPAGNIA PIPPO DELBONO
in coproduzione con Festival del Teatro Olimpico di Vicenza