Vincitori PREMIO ANCT 2018
Pubblicato il 06/12/2018
Felici di annunciare che tra i vincitori dei Premi della Critica 2018, assegnati dall’Associazione Nazionale Critici di Teatro, ci sono:
- LINO GUANCIALE per la sua interpretazione ne La classe operaia va in paradiso regia di Claudio Longhi
Motivazione: Un attore diventa bravo e importante per le scelte degli spettacoli in cui ha voluto essere coinvolto, per i registi con cui ha deciso di lavorare. Questa premessa per sottolineare, con la maggiore forza possibile, che un talento attorale si affina avendo accanto eccellenti Maestri e partecipando a spettacoli che aiutano a crescere, senza nulla dare mai per conquistato ed acquisito. Il percorso di lavoro d’attore perseguito da Lino Guanciale nel corso di quello che possiamo definire “un permanente apprendistato” di artigianato teatrale, coltivato con intelligenza e determinazione e che l’ha portato a raggiungere esiti scenici di sempre più efficace e variegata maturità espressiva – del corpo come della voce – e a misurarsi in modo particolare con testi della contemporaneità e con linguaggi della scena diversificati, ne fa il rappresentante più dinamico e stupefacente della sua generazione. Da Koltès a Pasolini e Brecht, l’esperienza scenica di Guanciale si è sviluppata all’interno anche di una progettualità lunga e faticosa come “Carissimi padri…” e “Un bel dì saremo”, entrambi con esiti di spettacolo innovativi ed originali non molto comuni dal punto di vista culturale e produttivo sui palcoscenici italiani. Con “La classe operaia va in paradiso” e la regia di Claudio Longhi, in cui ha la parte di Lu Massa, che fu di Gian Maria Volontè senza per nulla ricordarlo, Lino Guanciale mostra una forza, una sorprendente disinvoltura scenica, una giovanile freschezza da cui traspare una passione limpida ed esemplare, tutta moderna, per il lavoro teatrale, ma che ha anche un sapore d’antico: si innesta, cioè, nella più fertile tradizione del teatro del “grande attore” italiano, inteso nella sua versione “post-drammatica”, proiettata verso il futuro. - il PROGETTO AFGHANISTAN (Afghanistan: il grande gioco e Afghanistan: enduring freedom) regia di Ferdinando Bruni e Elio De Capitani – produzione Teatro dell’Elfo, Emilia Romagna Teatro Fondazione
Motivazione: Portandoci tra le montagne, al tempo in cui un araldo annuncia i movimenti compiuti da un plotone dell’esercito, e negli uffici di una agenzia non governativa con sede a New York, mentre gli esperti di comunicazione stanno scegliendo la strategia più accattivante per raggiungere i propri risultati economico-diplomatici; e in camere adornate da tappeti orientali, tra antiche teiere e carte geografiche in pergamena, o nei bunker cinti dal filo spinato; e ancora: in una stanza sotto bombardamento, a ridosso dei coccodrilli o sul fronte di una “missione di pace”, che è il modo fasullo con cui i governi ci inducono adesso a chiamare la guerra: lì dove un soldato inglese o due ragazze afghane muoiono assieme trovandosi – come spettri appartenenti allo stesso incubo – a contemplare i propri cadaveri: e la giovinezza perduta, e la vita che non avranno. “Afghanistan: il grande gioco + Enduring Freedom”, prodotto da Teatro dell’Elfo ed Emilia Romagna Teatro in collaborazione con Napoli Teatro Festival e il sostegno della Cariplo, racconta un Paese, la sua Storia, le trasformazioni avvenute; racconta la relazione cangiante e ipocrita tra Oriente e Occidente; racconta più di un secolo di Politica e dunque di trame, tradimenti, promesse diventate legacci o diritti negati e racconta, shakespearianamente, di come il Grande Meccanismo, di cui scriveva Kott a proposito del Bardo, continui a macellare innocenti, a fare vittime inermi. Racconta tutto ciò con una drammaturgia pluriautorale che ha l’ampiezza d’un romanzo di Dickens e l’analiticità di un saggio di geopolitica; racconta tutto ciò grazie alla regia sapiente di Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani e a una compagnia di attori che abita il palco con grande bravura e, pur dipanandosi epicamente (l’uso dei video e la proiezione di schede informative), racconta tutto ciò senza mai rinunciare alla povera e preziosa materialità artigianale del teatro. Così “Afghanistan: il grande gioco + Enduring Freedom” risponde alla banalità comunicativa odierna con la complessità necessaria a sapere, permettendo a chi guarda di capire, maturare un pensiero, prendere coscienza. Una ribadita lezione sulla funzione politica del Teatro, ancora capace di rendere i suoi spettatori cittadini più consapevoli, quindi; compiuta però attraverso la bellezza: che è il modo in cui l’arte si manifesta al mondo per parlare del mondo, agli uomini per dire degli uomini.