Il servitore di due padroni
Debutto: Teatro Bonci, Cesena, 21/11/2013
A proposito di questo spettacolo
Questo allestimento de Il servitore di due padroni, prodotto da tre Teatri Stabili Pubblici e diretto da uno tra i registi più innovativi del teatro italiano, al suo debutto veneziano nel Teatro che proprio di Goldoni porta il nome, ha creato un grande clamore.
La reazione di Venezia, e successivamente di Padova, è probabilmente in gran parte dovuta ad un legame particolare tra questo pubblico e il ‘suo’ autore e a un modo di leggerlo e metterlo in scena, e certamente la versione di Latella non è quella tradizionalmente e convenzionalmente abituale di questa opera, ma una diversa e nuova lettura che intende riaffermare la modernità del teatro di Carlo Goldoni non sottraendosi al confronto con una delle versioni più riuscite di questo testo che, nell’immaginario di chiunque entri in teatro, è la storica versione di Giorgio Strehler.
L’idea di Latella ha trovato l’appoggio di tre grandi teatri italiani, perché una delle funzioni basilari di un teatro stabile pubblico è quella di favorire la sperimentazione e l’innovazione, di continuare a proporre e a sostenere il teatro di prosa più vicino ai canoni tradizionali della regia e dell’interpretazione, ma di dare altrettanto spazio a visioni differenti, garantendo così una pluralità di linguaggi e offrendo agli spettatori un ampio panorama della scena teatrale.
Scrive Maria Grazia Gregori sull’Unità nella sua recensione allo spettacolo: “Questo Servitore nasce dall’unico modo in cui una nuova generazione di teatranti intende onorare una grande tradizione della nostra scena, trasgredendola, in sintonia con i tempi che viviamo.”
Latella riparte “da” Goldoni, “da” come lui stesso spiega, perché questo Servitore è una totale riscrittura che vuole prendere forza dalla nostra tradizione per lanciarsi in avanti, nel tempo che deve venire. Parlare con la forza della tradizione all’uomo contemporaneo per Latella oggi è un dovere, più che una necessità: “Goldoni è il nostro teatro scritto, la nostra origine… Arlecchino è il nostro Amleto, non si può non incontrarlo nel proprio cammino teatrale, almeno per me.”
La riscrittura del testo goldoniano è stata affidata a Ken Ponzio, giovane autore e drammaturgo formatosi come attore. Nel suo lavoro di riscrittura Ponzio è partito dalla considerazione che il teatro è vivo grazie al costante dialogo con il proprio presente, sotto forma di critica dialettica, e nel suo lavoro ha quindi tenuto conto degli innumerevoli cambiamenti che sono avvenuti nel corso di più di due secoli e mezzo. Ma al contempo ha voluto restituire ai personaggi “veneziani” gli impulsi delle loro maschere originali assieme ad alcuni tratti “provinciali” che tanto caratterizzano noi italiani; mentre a quelli “torinesi” (seguendo un’intuizione di Antonio Latella) ha aggiunto una nota francese nella lingua e nell’identità per renderli anche ai nostri occhi dei “foresti”. Parlano tutti la lingua italiana d’oggi tranne Pantalone il quale, orgoglioso delle proprie origini e troppo potente per adeguarsi alla lingua altrui, parla in veneziano.
Nelle sue note di regia Latella scrive: “La menzogna è il tema che appartiene totalmente a questa commedia. Dietro la figura di Arlecchino (Truffaldino) la commedia si nasconde a se stessa, mente. Dietro agli inganni, ai salti, alle capriole del servitore più famoso del mondo la commedia mente agli spettatori: il personaggio che tanto li fa ridere è insieme tutte le menzogne e i colori degli altri personaggi. È uno specchietto per le allodole e sposta il punto di ascolto dell’intera commedia. Non c’è una figura onesta, tutto è falso, è baratto, commercializzazione di anime e sentimenti (…) Cosa resta? Il vuoto, graffiato dal sorriso beffardo delle maschere. (…) Il vuoto, forse l’orrore della nostra contemporaneità. L’orrore dell’uomo che davanti al peso del denaro perde peso (…)” il cast di questo lavoro che nasce dalla collaborazione di tre Teatri Stabili, è formato da alcuni degli attori di Un tram che si chiama desiderio, che sono gli attori che lavorano da sempre a fianco di Latella, e altri protagonisti del teatro italiano della generazione di quarantenni.
Dati artistici
direttore tecnico Robert John Resteghini
capo macchinista Gioacchino Gramolini
capo elettricista Tommaso Checcucci
fonico Chiara Losi
sarta Nada Campanini
amministratrice Daniela Cappellini
scene costruite nel laboratorio di Emilia Romagna Teatro da Gioacchino Gramolini e Andrea Bulgarelli assistente alla regia tirocinante Irene di Lelio
assistente alle scene e costumi Alessandra Biondi
parrucche Audello
ufficio stampa Silvia Pacciarini
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Fondazione Teatro Metastasio di Prato, Teatro Stabile del Veneto
foto di Brunella Giolivo