La nuova Abitudine
danza della Compagnia Mòra
A proposito di questo spettacolo
Spettacolo ispirato ai canti ortodossi della tradizione Znamenny, antico canto liturgico del XVI secolo, di impronta greca, fuso con la traduzione rurale della musica russa. Trasparente, ritmica, la danza di Claudia Castellucci è caratterizzata da una geometria volta a penetrare una peculiare dimensione temporale, e a contemplarne il cambiamento.
In scena, danzatori in abiti tecnicamente concepiti per una danza che nella sua formalità crea l’unione concettuale tra abitudine e novità; tra tradizione e invenzione; tra esodo e occupazione spaziale. Abitare una tradizione diversa dalla propria, per provare a metabolizzarla in una nuova chiave, propositiva e contemporanea.
“Terra di Russia, terra di Russia! io ti vedo: dalla mia incantevole, meravigliosa lontananza, io ti vedo. Tutto è povero in te, disordinato, inospitale; non rallegrano, non atterriscono lo sguardo gli arditi miracoli della natura, coronati dagli arditi miracoli dell’arte: le città con gli alti castelli dalle mille finestre, radicati sui dirupi; le pittoresche piante e edere radicate sulle case, fra lo scroscio e l’eterno vaporío delle cascate(…)Tutto è aperto, desolato e uniforme in te; come piccoli punti, come piccoli segni, visibili appena, spiccano tra le distese le piatte tue città: nulla che accarezzi o che affascini lo sguardo. Ma che inaccessibile, misteriosa forza è dunque questa che attira a te? Perché riecheggia e di continuo risuona all’orecchio, malinconica, come si diffonde su tutta l’ampiezza tua, da mare a mare la tua canzone? Che c’è in essa, in codesta canzone? Che cosa chiama così, e singhiozza e afferra il cuore? Che suoni son questi che morbosamente si insinuano e penetrano nell’anima, e s’attorcigliano al mio cuore? Terra di Russia! che cosa vuoi dunque da me? Quale inaccessibile legame sussiste fra noi? Che hai da guardarmi così, e perché tutto quello che c’è in te si rivolge a me con quest’occhi pieni di aspettazione?… E ancora pieno di stupore, rimango immoto, e già sul capo ho l’ombra di una nube minacciosa, gravida di piogge incombenti, e il pensiero ammutolisce dinanzi alla tua vastità. (…) Oh, sfolgorante, fascinosa, ignota al mondo sconfinatezza! Terra di Russia!…”
(Nikolaj Vasil’evič Gogol, Anime morte. Traduzione di Paolo Nori )
Dati artistici
assistenza coreutica Sissj Bassani
abiti Iveta Vecmane
scenario e luci Eugenio Resta
produzione, organizzazione e distribuzione Camilla Rizzi
direzione della produzione Benedetta Briglia
tecnica Francesca Di Serio
tecnica in sede Carmen Castellucci, Rocìo Espana, Gionni Gardini
amministrazione Michela Medri
assistenza amministrativa Simona Barducci, Elisa Bruno
produzione Societas, in coproduzione con musicAeterna, San Pietroburgo; Teatro Piemonte Europa / Festival delle Colline Torinesi
nell’ambito di CARNE focus di drammaturgia fisica
foto di Lyuda Burchenkova