Affabulazione

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Mentre mi diceva queste parole, la mia fidanzata di allora – avevo 17 anni – tendeva verso di me un libro con una copertina gialla. Si trattava di una raccolta di poesie di Pasolini piena di orecchie. Non avevo ancora mai letto nulla di suo.
Attraversavo tutti i giorni Roma con l’autobus per vedermi con Silvia (la mia ragazza… non Pasolini). Il viaggio durava un bel po’. Per non fare brutta figura ne approfittavo per leggere le poesie che mi aveva dato. Le parole di Pasolini si mischiavano alle fermate del 170 e col tempo i suoi versi cominciarono a trasformare la città e le cose che mi circondavano e che sembravano uscire da quelle pagine. I quartieri di Roma si trasformavano da prosa in poesia e da poesia tornavano poi in prosa. In un gioco indisponente e ammaliante fatto di ossimori e contraddizioni. Quella prima sensazione conflittuale pervasa da fascino e ostilità non se ne è più andata via…
Infatti il mio con Pasolini non credo sia stato mai un “comizio d’amore”.
Mi ha sempre messo a disagio, alla prova.
Pasolini mi ricorda costantemente cose che cerco di rimuovere.
Quando gli chiedo un barlume di luce, rispedisce la domanda al mittente senza risposta.
Pasolini non ha nessuna voglia di essere facile. Chiede di essere accettato, non capito.
Allora spesso mi allontano dicendomi che sarà per l’ultima volta.
Però, ogni volta, ritorno.
Affabulazione non fa eccezione. Nasconde per me l’ennesimo ossimoro.
Oggi sembra tutto rotto, dal patriarcato al capitalismo. Eppure perseveriamo in un accanimento terapeutico per far sopravvivere modelli e soluzioni “zombie”, già liquidate da Storia e Natura. Quello che ci resta è l’angoscia davanti al nuovo, padri caduti e senza certezze e figli senza l’immagine dei padri che non riescono a prenderne il posto. Vale per tutti. Vale per me…
Affabulazione sembra premonizione di questo tempo allucinato. Nel salotto del Padre, della Madre e del Figlio entra un treno a distruggere tutto quello che non vuole essere distrutto anche se lo è già, se tutto è già finito. Questa versione lynchiana della sacra famiglia mi sembra la trama di un horror, eppure è il tempo in cui viviamo. Noi, non Pasolini. Ecco allora che PPP ritorna a chiedere di essere ascoltato. E fa bene. D’altronde anche lui direbbe che bisogna disfarsi dei padri ma non se ne può fare a meno.

Marco Lorenzi