La guerra del Peloponneso
Si vide ogni genere di morte, e – come accade in simili frangenti – nulla ci fu che non si desse, ed altro ancora: il padre uccideva il figlio, i supplici venivano strappati via dai templi e subito uccisi, e alcuni morirono persino murati vivi nel tempio di Dioniso. A tal punto di crudeltà giunse questa guerra civile; e parve ancor più crudele perché fu tra le prime: in seguito ne fu sconvolto, per così dire, tutto il mondo greco; in ogni città vi erano lotte fra i capi del partito popolare, che chiedevano l’intervento di Atene, e gli oligarchi, che chiedevano quello di Sparta. Nelle città dunque infuriava la guerra civile, e quelle che per qualche motivo erano giunte a questo solo più tardi, a conoscenza di ciò che altrove era già avvenuto, andavano molto più in là nell’escogitare trovate nuove e sempre peggiori con l’astuzia dei loro attacchi e il carattere inaudito delle loro vendette.
Cambiarono a piacimento il significato consueto delle parole in rapporto ai fatti. L’audacia sconsiderata fu ritenuta coraggiosa lealtà verso i compagni, il prudente indugio viltà sotto una bella apparenza, la moderazione schermo alla codardia, e l’intelligenza di fronte alla complessità del reale inerzia di fronte a ogni stimolo; l’impeto frenetico fu attribuito a carattere virile, il riflettere con attenzione fu visto come un sottile pretesto per tirarsi indietro. Chi inveiva infuriato, riscuoteva sempre credito, ma chi lo contrastava, era visto con diffidenza. Chi avesse avuto fortuna in un intrigo era intelligente, chi l’avesse intuito era ancora più bravo; ma provvedere in anticipo a evitare tali maneggi significava apparire disgregatore della propria eteria, e terrorizzato dagli avversari. Insomma, chi riusciva ad anticipare qualcun altro nel macchiarsi di una colpa era oggetto di encomio, come pure chi istigava qualcuno che non ne avesse alcuna intenzione. […]
(da Tucidide, La guerra del Peloponneso, a cura di L. Canfora, Torino, Einaudi-Gallimard, 1996)
a cura di Claudio Longhi
con Nicola Bortolotti, Simone Francia, Lino Guanciale, Eugenio Papalia, Simone Tangolo e Olimpia Greco (alla fisarmonica)
produzione Fondazione Collegio San Carlo di Modena e Emilia Romagna Teatro Fondazione
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