Das Weinen (Das Wähnen)
Debutto: Schauspielhaus, Zurigo, 20/09/2020
A proposito di questo spettacolo
Benché spentosi a Basilea nel 1998, Dieter Roth può far parlare di sé unicamente al presente.
Egli, infatti, è (e resta) un’eccezione. Tra le altre cose, infatti, capita che il suo nome venga riportato con una lettera mancante. Quando succede, Dieter Roth diventa improvvisamente Diter Roth – e nessuno sa perché. A parte lo stesso Diter Roth, ovviamente. Ad ogni modo, ci sono numerosi aneddoti molto diversi che lo riguardano. Dalla Svizzera si sposta in Danimarca, Germania, Groenlandia, Stati Uniti e, ripetutamente, in Islanda dove finisce per trasferirsi stabilmente. A Reykjavík, città unica tra tutte le capitali europee, Roth lavora alla sua opera prodigiosa: concepisce sculture, dipinti (talvolta 100 al giorno), disegna, dipinge utilizzando muffe, realizza collage, libri d’artista, e infine… scrive. Tuttavia, soltanto alcuni iniziati sono a conoscenza della sua opera scritta. Impressionante! Dal momento che le creazioni letterarie di Roth sono opere d’arte linguistiche davvero singolari.
Per lo stesso Roth, la scrittura era un’azione centrale in tutta la sua opera.
“Nulla,” affermò in un’intervista, è importante quanto scrivere… o per meglio dire… ruminare. Formare frasi.”
Ebbene, ecco il risultato del suo ruminare e creare frasi sul tema dei “fusibili,” a partire dal 1959:
– Perché ci sono due fusibili qui?
– Non ce ne sono.
– Perché non ci sono fusibili qui?
– Non lo so.
– Perché c’è un non-lo-so qui?
– Non lo so.
– Perché non ci sono non-ti-scordar-di-me qui?
– Non lo so.
– Nemmeno io lo so.
Verso la fine degli anni ’80, Roth affidò uno dei suoi lavori letterari ad un giovane musicista svizzero. Si trattava di un libro realizzato in uno strano formato verticale, intitolato “Das Weinen. Das Wähnen (Tränenmeer 4)” (Weeping. Imagining [Sea of tears 4]). Il destinatario di questo regalo, a sua volta, aveva un nome: Christoph Marthaler. Da quel momento in poi, fu lui a portare il libro di Roth da Zurigo a Basilea, da Basilea a Parigi, da Parigi ad Amburgo. Alcuni frammenti di questa opera cominciarono a fare apparizione all’interno delle sue produzioni.
Primo fra tutti un poema nel quale il cosiddetto “vitello grasso” aveva un ruolo predominante.
Nel 2020 – circa 30 anni dopo che Roth mise il libro nelle mani di Marthaler – “Das Weinen (Das Wähnen)” diventerà il soggetto di una sua produzione teatrale e, di conseguenza, il simbolo dell’incontro tra due svizzeri d’eccezione le cui strade si sono incrociate in una sola occasione ma che tanto hanno in comune. Ad esempio, una particolare predilezione per l’erosione del corpo, della mente e del cioccolato di fronte allo scorrere lento del tempo.
E ancora, l’urgenza di attraversare confini, perennemente indisturbati, durante tutta la seconda metà del XX° secolo (a bordo di treni con limitazioni di velocità e cabine di aerei la cui moquette è costellata di piccole bruciature di sigaretta), l’euforia cosmopolita nell’attraversare centri e periferie delle città predilette ed una spiccata tendenza ad assegnare ad opere d’arte temporaneamente concluse titoli molto particolari (“Melancholischer Nippes” [Nostalgico Bric-à-Brac] vs. “Murx den Europäer! Murx ihn! Murx ihn! Murx ihn! Murx ihn ab!” [Uccidi l’europeo! Uccidilo! Uccidilo! Uccidilo! Uccidilo!]).
Considerata l’attuale tendenza politica alla specificità e all’isolamento, quanto descritto appare estremamente promettente.
Benvenute, dunque, lacrime più diverse; benvenuto, mondo contraddittorio.
Prima nazionale
in tedesco con sovratitoli in italiano
Trailer_Das Weinen from Schauspielhaus Zürich on Vimeo.
Durata: 1 ora e 45 minuti
Dati artistici
sviluppo del pubblico Elena Manuel
pedagogia teatrale Manuela Runge
tirocinante in produzione Samuele Piccolo
assistente alla scenografia Julia Bahn
assistente ai costumi Natalie Soroko
gestione del palco Aleksandar Sascha Dinevski
suggeritori Lea Theus, Gerlinde Uhlig-Vanet
relazioni internazionali e gestione dei viaggi Björn Pätz
traduzione e sovratitolazione Sonia Antinori
foto di T+T / Toni Suter + Tanja Dorendorf
foto di scena Gina Folly