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La monaca di Monza

A proposito di questo spettacolo

Fra i più important intellettuali italiani del Novecento, Giovanni Testori (1923-1993) dedica nel 1967 un’ampia opera teatrale alla figura della Monaca di Monza: figura storica di grande complessità prima ancora che personaggio dei Promessi sposi. Valter Malosti concentra ora il dramma di Testori su un triangolo: la protagonista Marianna De Leyva (Federica Fracassi), una vita circondata di violenza fin dal suo stesso concepimento; l’amante Gian Paolo Osio (Davide Paganini), vero e proprio eroe nero e sanguinario che finisce i suoi giorni barbaramente trucidato; la conversa (Giulia Mazzarino) assassinata dai due per metterla a tacere. I tre personaggi sono in realtà già morti. Parlano come revenants, isolati ognuno nel proprio flusso di coscienza. «Credo che pochi artisti italiani portino nella propria figura le stimmate dell’artista moderno come Giovanni Testori – osservava Piero Citati nel 1971 -. Il suo bisogno fatale di andare oltre, sempre più avanti e lontano, dove nessuno possa sostare con lui: il suo disperato desiderio di conoscere il peccato, la dannazione, il rimorso e il delirio; e la fredda volontà di costruirsi, giorno per giorno, ora per ora, libro per libro, un destino tragico, cosa più moderno di questo?». Nella versione di Testori, come in una soggettiva cinematografica, la protagonista, da morta, rivive la vicenda fin dal suo proprio concepimento avvenuto con atto brutale del padre su una delicata figura di madre, per poi passare a rievocare il disperato amore per Gian Paolo Osio, vero e proprio eroe nero e sanguinario che finisce i suoi giorni barbaramente trucidato. Valter Malosti dirige Federica Fracassi, interprete sensibile alle nuove drammaturgie, votata alle scritture più visionarie, feroci, poetiche degli ultimi anni e già intensa interprete dell’universo femminile testoriano nei panni di Erodiàs, Cleopatràs e Mater Strangosciàs (i Tre lai del 1992). Entrambi pluripremiati dalla critica italiana, Malosti e Fracassi tornano a lavorare insieme dopo Corsia degli incurabili di Patrizia Valduga (Festval delle Colline Torinesi 2010, interpretazione che frutta a Fracassi la nominaton al Premio Ubu come miglior attrice protagonista). Una performance violentemente poetica, amplificata dalle voci e dai corpi di Davide Paganini e Giulia Mazzarino che affiancano Fracassi in scena. Fondamentale il contributo delle scene e luci di Nicolas Bovey e dei costumi firmati dal Premio Ubu Gianluca Sbicca e del progetto sonoro ideato e curato dallo stesso Malosti. La monaca di Monza è il capitolo più recente del lungo e appassionato lavoro che Malosti ha condotto attorno a Testori: un percorso che nasce da un grande amore per lo scrittore lombardo e che accompagna il regista da anni. Nel 2002 in Vado a veder come diventa notte nei boschi ha raccontato il ciclo di affreschi della Vita e Passione di Cristo di Giovanni Martino Spanzotti nella Chiesa di S. Bernardino in Ivrea partendo proprio dall’emozionato saggio dedicato loro da Testori nel 1958 (G. Martino Spanzotti: gli affreschi di Ivrea). Ha portato in scena nel 2008-09 Passio Laetitiae et Felicitatis, premio Anct 2009 per la migliore attrice a Laura Marinoni; Le maddalene (da Giotto a Bacon), un progetto con le musiche originali di Carlo Boccadoro; il percorso testuale-visivo Le Monache di Testori, figure monacali femminili da «Tentazione nel Convento» alla «Monaca di Monza», con Federica Fracassi. Del 2016 è l’adattamento e regia de L’Arialda per il Teatro Stabile di Torino. Così Malosti racconta la sua lettura della Monaca testoriana: «In Testori Marianna De Leyva è una sorta di revenant che strappa se stessa, fantoccio di carta, dalla Storia scritta. La parola si fa carne, rimette insieme le sue “ossa maledette” per dar vita ad una blasfema eppur umanissima resurrezione. La tragica vicenda della protagonista prende forma con un andamento temporale distopico, e come in soggettiva cinematografica, addirittura fin da dentro il ventre materno, dal concepimento, dall’atto brutale del padre padrone, passando per gli opifici e le fabbriche e le macchine e le benne della Monza e della Milano degli anni Sessanta, fino a rivivere il disperato amore, che è il cuore pulsante del testo, per Gian Paolo Osio vero e proprio eroe nero, sconcio e sanguinario che finirà i suoi giorni barbaramente trucidato. L’operazione drammaturgica(l’adattamento è per tre sole voci), e di regia, è volta alla radicale scarnificazione del testo, lasciando da parte quel sentore vagamente “pirandelliano” che si annusa nel testo completo, lasciando che l’andamento da feroce confessione, sviluppata in un dialogo apparente con l’inquisitore, si trasformi in quello che il nucleo del testo in realtà è, e cioè un atto violentemente ed eminentemente poetico, già lì ad esprimere una condizione “germinale” del teatro come prova “religiosa”, “immobile”, “lacerante e senz’esiti”, come ha scritto Barbara Zandrino, una interrogazione spinta fino alla blasfema chiamata in giudizio di Dio, con furioso slancio eretico, per aver voluto così la creazione».

durata: 100 minuti

Dati artistici

di Giovanni Testori
adattamento per tre voci e regia Valter Malosti
con Federica Fracassi
e Davide Paganini, Giulia Mazzarino
produzione Teatro Franco Parenti / TPE Teatro Piemonte Europa / CTB Centro Teatrale Bresciano / Teatro di Dioniso
con il sostegno di Associazione Giovanni Testori

foto di Noemi Ardesi e VisualCrew