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Operette morali

Operette morali

«Con questa nuova incursione sui territori di confine tra filosofia e teatro, dopo le numerose indagini condotte a partire da Platone, Senofonte e Tucidide, ci spostiamo in età moderna e in particolare sulle Operette morali di Leopardi, che costituiscono un’opera in cui metafisica, etica, antropologia e scienza compongono un quadro coerente di riflessione sui limiti della modernità. All’avvio dell’Ottocento, definito il secolo del progresso, Leopardi ci propone infatti una riflessione critica su alcune vane e puerili illusioni che dominano la cultura moderna, abbacinata da una superba e inconcludente vanità incapace di eliminare l’infelicità dell’uomo, con lo scopo di individuare gli aspetti universali della natura umana (desiderio di infinito, necessità della solidarietà tra gli uomini ecc.) che non mutano al variare delle condizioni sociali, economiche e politiche. Ed è allora in quest’ottica di riflessione sull’eternità della debolezza umana, accompagnata da un profondo sentimento di pietà e di simpatia verso le nostre aspirazioni alla felicità e alla giustizia, che il lavoro in collaborazione tra FSC ed ERT si è spostato su Leopardi».

Carlo Altini 

«Esplorare oggi le Operette morali di Leopardi in palcoscenico, a quasi due secoli dalla loro prima pubblicazione sprofonda subito il lettore/spettatore e l’incauto commediante in uno strano gioco teatral/speculare di anamorfosi prospettiche. Quell’Italia così remota ritratta in quelle pagine ingiallite, sul ciglio di un romanticismo sempre costeggiato, ma mai veramente praticato, ancora agricola e artigiana, ma illuminata di riflesso dai primi bagliori della modernità, prigioniera di una provincia piccola piccola e ostaggio di una dimensione familiare tutta privata, incapace di attingere alla dimensione più espansa e pubblica della “società”, si rivela d’improvviso – ad uno sguardo più attento – vicina, terribilmente vicina… tanto che il suo erudito e polveroso carnevale di strampalate allegorie filosofiche – popolato di galli giganti e di astrusi accademici, di gnomi e folletti, di eroi e poveracci e mummie canterine – d’un tratto si trasforma in una sinistra mascherata (o in un’epica “rivista”) della nostra contemporaneità. In questo vorticoso turbinio di tempi e spazi, il “favoloso” Leopardi – divertito e divertente reinventore di classici, estroso marionettista abile animatore di surreali pochade filosofiche – al lume incerto della luna si mostra, allora, per quel che è: un raffinato e implacabile scienziato, di rara lungimiranza, impietoso notomista della nostra italianità di ieri, di oggi – o di sempre? Al fondo una domanda, ancora una volta in odor di antitesi: il più feroce e implacabile misoneismo non è forse l’unica porta d’accesso a un futuro consapevole?».

Claudio Longhi

da Giacomo Leopardi
testi scelti da Carlo Altini
drammaturgia collettiva
con Michele Dell’Utri, Simone Francia, Diana Manea, Eugenio Papalia, Franca Penone e Simone Tangolo
musiche a cura di Filippo Zattini
immagini a cura di Riccardo Frati
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Fondazione Collegio San Carlo di Modena


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