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Ifigenia in Aulide

Debutto: Teatro delle Passioni, Modena, 15/01/2013

A proposito di questo spettacolo

Emilia Romagna Teatro scommette ancora sui nuovi talenti e affida la guida di uno dei progetti formazione/ produzione attivati per il 2012 a un regista che da anni collabora con la Fondazione: Marco Plini, assistente di un maestro della scena come Massimo Castri, ha già alle spalle un’esperienza a livello europeo nel campo della formazione teatrale e ottime prove di regia, fra Freddo, il drammatico testo di Lars Norén, coinvolgente e crudo teatrino della violenza sociale, che Plini ha messo in scena nel 2011.
Per questo nuovo progetto il regista ha scelto l’Ifigenia in Aulide di Euripide come punto di partenza di un viaggio attraverso i miti fondanti della civiltà occidentale, fino al confronto con la contemporaneità. Sono otto i giovani attori del Cantiere delle Arti con cui Plini condivide questa esperienza, e che affronteranno il linguaggio della tragedia classica, con un codice drammaturgico che si presta ad un confronto fertile con il contemporaneo.
Frutto di un laboratorio di tre mesi, lo spettacolo consentirà al pubblico (ma anche e soprattutto agli attori) di confrontarsi con lo spessore di un contenuto mitico e universale attraverso personaggi e tematiche archetipiche rese concrete e a noi vicine perché mediate dalla scrittura di Euripide.
Celebre è la vicenda di Ifigenia, giovane donna attirata sull’altare del sacrificio con la promessa ingannevole delle nozze: Ifigenia costituisce il simbolo dell’insensata violenza che permea ogni conflitto e colpisce i più deboli ma è anche un racconto di una violenza all’interno della famiglia.

Note di regia

Ifigenia in Aulide è un testo attuale e terribile, nonostante il linguaggio meticcio, quasi tragicomico, inventato da Euripide per raccontare un mondo che non ha più un centro.
Protagonisti sono gli eroi dell’Iliade, i condottieri dell’esercito greco che si preparano alla spedizione contro Troia. Euripide ci racconta i retroscena, analizza le premesse di questa guerra così celebre, fondamento mitologico dell’unità e della supremazia della Grecia vittoriosa contro i barbari e, rovesciando il valore del mito, ci mostra degli eroi ormai svuotati, rotti, in quanto non più mossi da valori e finalità condivise. Gli dei non ci sono più, sono scomparsi da questo orizzonte ma permane l’eco dei loro oracoli inaffidabili e bugiardi. La difesa della patria e il valore di un’impresa bellica che rinsaldi la nazione contro lo straniero, nemico comune, sono argomenti di pura propaganda su cui si è costruito un potere dalle fragili fondamenta che nascondono interessi personali cuciti attorno ad un bieco e meschino arrivismo. Questi interessi si scontrano con la dimensione privata quando, così ha vaticinato l’indovino, la partenza per la guerra risulta essere ineluttabilmente subordinata ad un primo fondante gesto di violenza, il sacrificio di un innocente.
I capi della spedizione Agamennone, Menelao, e lo stesso Achille, svelano la loro natura ambigua di politici, o forse meglio, di politicanti, e contemporaneamente prigionieri del meccanismo della guerra, e della sua retorica, che una volta innescato non può più essere fermato neanche da coloro che lo hanno messo in moto. I burattinai che manovravano i fili dei destini collettivi e che tessevano ambiziose trame vengono toccati negli affetti ma non possono più sottrarsi: sarebbero travolti dai soldati che ormai smaniano per andare in guerra contro Troia, temono la forza bruta della massa. È questo il secondo tema del testo di Euripide: l’insistenza sull’idea di una smania guerresca, una follia che ha contagiato tutti e che diventa inarrestabile. In questo clima tutti i valori vengono risucchiati e consumati rapidamente. Ci troviamo di fronte ad una civiltà alterata, assetata di scontro, che tristemente ricorda atmosfere novecentesche: i prodromi delle due guerre mondiali ma anche i più recenti conflitti nella ex-Jugoslavia.
Euripide inserisce gli antichi eroi dell’epica in un processo di violenza inarrestabile che provoca un generale sperdimento: nessuno sa cosa fare. Agamennone sembrerebbe disposto a tutto per salvare la figlia ma quando capisce che tutto è contro di lui si adegua e comincia una piccola macchinazione per allontanare la moglie di cui teme le ire, e sacrificare sì la figlia ma con ”il minor danno possibile”. Lo stesso Achille, il campione ellenico, viene presentato come un vanesio, preoccupato solo di essere stato tenuto all’oscuro dei piani, di non essere riconosciuto al pari degli altri capi, ed è per ristabilire il proprio status che si impegna e difendere Ifigenia, non certo perché mosso da pietà. I personaggi perdono coerenza, ragionano da fini politici e si ricattano come capibanda, promettono, si contraddicono, ritrattano, sono in fondo incapaci di prendere decisioni, di assumere responsabilità, sovrastati dalle pressioni dell’esercito-massa. Sono, in fondo, solo piccoli uomini innamorati dei propri baffi e del proprio potere ma privi di sentimenti e di valori. Della ragazzina, sacrificata sull’altare di una divinità a cui non crede più nessuno, non importa né al padre né allo zio né al promesso sposo: Ifigenia è solo uno strumento, la sua morte un mezzo per ottenere potere, accrescerlo o conservarlo
In questo contesto dagli echi novecenteschi, una guerra gonfia di retorica ma che tuttavia rende folli come un cocktail di droghe eccitanti, il finale messo in scena da Euripide ha il sapore di un ultimo terrificante sberleffo: Ifigenia, questa eroina adolescente, tenera e stupida nella sua ingenuità, accetta di sacrificarsi per la gloria di questi individui e del mito della “grande Grecia”, va incontro al suo destino tragico, come un’esaltata, senza vedere, senza aprire gli occhi. Muore, perché di questo mondo è figlia, in nome di valori ereditati, valori vuoti in cui anche i padri non credono più, per salvare un mondo che non sembra più altro che la carcassa di una società.

Marco Plini

Dati artistici

di Euripide
adattamento e regia Marco Plini
con Giulia Angeloni, Giusto Cucchiarini, Roberta Lidia De Stefano, Ivano La Rosa, Giancarlo Latina, Luca Mammoli, Silvia Pernarella, Emilia Scarpati Fanetti
aiuto regia Thea Dellavalle
luci Fabio Bozzetta
suono Franco Visioli
assistente alla regia in stage Maria Vittoria Bellingeri
direttore tecnico Robert John Resteghini
elettricista Vincenzo De Angelis
macchinista Andrea Bulgarelli
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione

 

foto di Lorenzo Porrazzini

una produzione di Ifigenia in Aulide • Produzione Emilia Romagna Teatro