Le buone maniere
I fatti della Uno Bianca
Debutto: Teatro delle Moline, Bologna, 09/12/2015
A proposito di questo spettacolo
Le Buone Maniere è una storia di uomini e fantasmi, di vittime e carnefici, che scava all’interno dell’animo umano per far luce su quell’istinto animale che ci porta a compiere azioni scellerate. Lo spettacolo riapre una ferita che ha macchiato di sangue le province dell’Emilia Romagna a cavallo tra gli anni ’80 e ’90: la “Banda della Uno Bianca”. Per non dimenticare…
Le vicende della Banda vengono rivissute attraverso la storia di uno solo dei protagonisti: Fabio Savi. All’interno di una cella da ergastolano, Savi è tormentato dalla sua coscienza, una voce che lo obbliga, come un animale in gabbia, a fare i conti con il suo passato: dall’infanzia giù al fiume, al primo colpo al Casello Autostradale di Pesaro, fino agli omicidi.
In una notte senza riposo, quella voce nella sua testa si presenta ora in carne e ossa, nei panni di un giovane alterego irriverente, che gli sbatte in faccia la verità: tutte quelle vittime ingiustificate lasciate sull’asfalto. Vittime senza un perché, che vogliono giustizia, che vogliono non essere dimenticate!
Due monologhi. Due flussi di coscienza interpretati e vissuti da un solo attore in scena.
La messinscena è giocata su atmosfere semplici e crude in cui il realismo si alterna a ricordi che evocano un tempo distante.
Lo spazio concreto e claustrofobico della cella, disegnata da un letto in metallo, una scrivania, un armadietto ed una piccola televisione, si sgretola lentamente, lasciando spazio al luogo della mente: uno spazio irreale in cui i ricordi emergono senza essere voluti. Ci si ritrova così nella fredda campagna di Rimini o nel Bar di Torriana a bestemmiare contro neri e zingari; e così via risalendo un cammino macchiato da sette anni di rapine e delitti.
Neon a terra e sospesi in aria, segnano la cella come in un ring, da cui non c’é via di uscita. Una resa dei conti, un match scandito dal rumore continuo di una palla da basket e dai suoni di una piccola televisione che trasmette le vecchie notizie dei colpi.
Ma non ci può essere vittoria in questo scontro. Un linguaggio ruvido, una parola cruda, ma al tempo stesso poetica che non lascia pause all’attore con l’unico scopo di non dimenticare una tragica pagina della nostra storia. Possiamo solo ricordare e riflettere.
“Non è facile parlare della Uno Bianca. Non è facile perché le vittime sono state tante, tanto il dolore e la paura.
Quando si nomina la Uno Bianca, in Romagna e a Bologna, cala un attimo di silenzio.
Con questo spettacolo abbiamo voluto rompere questo silenzio, perché le nuove generazioni sanno poco di questa pagina che ha così scosso il nostro territorio.
Io da romagnolo ho solo ricordi da bambino, ricordo mia zia che quando parcheggiava la Uno Bianca veniva accostata dalla polizia, ricordo che mi teneva la mano e che scendeva la tensione.
Con rispetto abbiamo voluto ricordare e raccontare, nell’unico modo in cui siamo in grado di fare noi artisti: facendo teatro.”
Michele Di Giacomo