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Magnificat

A proposito di questo spettacolo

Alla prima lettura, il “Magnificat” ricorda una conversazione notturna tra amanti, isolata al telefono: «Ho saputo tutto di te / come ogni donna terrena / sa tutto dell’uomo che ama». La distanza fisica tra i due e il filtro della cornetta rendono l’intimità più vibrante di sensualità: «Nessuna carezza / è mai stata così silenziosa / e presente / come la mano di Dio». “Magnificat” è uno dei più recenti componimenti della Merini. In esso, senza biografismi, né agiografia, l’autrice restituisce la complessità di Maria: una creatura di luce e carne, fragile, smarrita, ribelle… e perdutamente innamorata di Dio. Su questa labilità del confine tra umano e divino, la scrittura imprevedibile della poetessa gioca a scardinare l’immagine consolidata nella tradizione europea e a rintracciarne una non univoca ma vibrante di contrasti: fanciulla, adolescente, donna, madre, e di colpo invecchiata dalla morte del figlio. La dolente maternità di Maria è un filo essenziale del suo amore, come pure della sua ambiguità scandalosa, della sua sospensione tra terra e cielo e di una parola che spinge se stessa ed il pensiero fino ai confini dell’eresia: «Cristo non è mai nato, / Cristo non è mai morto». Parallelamente alla ricerca sull’icona e sulle immagini, Anagoor torna a dedicarsi al verso, rendendo omaggio alla figura e all’opera di Alda Merini, una delle esponenti più incisive della poesia italiana e del Novecento in assoluto. Paola Dallan presta voce a questo lungo poemetto e alla sua protagonista; il disegno del suono di Mauro Martinuz e l’impatto dell’interpretazione, colmano il vuoto scenico svelando il deserto della solitudine: l’ascolto assorbe ogni attenzione e conduce chi ‘guarda’.

Dati artistici

di Alda Merini
regia Simone Derai
sound design Mauro Martinuz
con Paola Dallan
produzione ANAGOOR 2010
co-produzione Operaestate Festival Veneto, Centrale Fies

Anagoor fa parte del progetto Fies Factory